Siamo in paradiso.
Un paradiso che luccica d’oro, di argento e di bronzo.
24 medaglie in tutto su 42 a disposizione pari al 57% del montepremi. 7 d’oro, 10 d’argento e 7 di bronzo.
Stamani l’apoteosi. La ciliegina, su un’incredibile avventura, fatta di passione, competenza, duro lavoro e buone relazioni. L’otto “all black”, della Nuova Zelanda ha sfatato l’ultimo nostro recondito “taboo”: vincere una medaglia d’oro alle olimpiadi sull’otto.
Non ce l’ha fatta quello femminile neozelandese, campione del mondo in carica, secondo di un niente, dietro il Canada; c’è riuscito quello maschile, con a bordo il mitico Hamish Bond (pluridecorato olimpionico del 2-), spostato all’ultimo momento al carrello numero sette.
Come ci ha suggerito Iztok Cop, l’indimenticato campione olimpico sloveno, che collabora con il nostro staff internazionale, questo non è un traguardo ma un punto di partenza. Per lavorare ancora con più partecipazione e impegno, con l’obbiettivo di migliorare la qualità del nostro prodotto e di conseguenza le prestazioni di chi lo usa. Non in pochi, se è vero che 52 paesi hanno scelto ancora una volta Filippi, in questa obbligatoriamente ovattata ma comunque affascinante, edizione delle Olimpiadi.
Ci rende orgogliosi anche il solo fatto di aver contribuito a portare alla ribalta delle stelle nascenti del canottaggio mondiale con l’aiuto di tanti allenatori capaci e meticolosi. Come la nuova vicecampionessa olimpica Hanna Prakatsen, del Comitato Olimpico Russo, che ci ha regalato un argento che pesa, nel singolo femminile.